mercoledì 14 luglio 2010

Il volto di Gesù e il volto di Maria

a) Difficoltà del linguaggio alto
Vorremmo avere la possibilità di esprimere in parole accessibili a tutti il mistero che si fa presente nelle apparizioni, per non smarrire l’afflato mistico che si ripercuote nel cuore di chi parla di Dio, tanto più se gli si manifesta concretamente. Non potendo lasciare la spaccatura solita tra discorso teologico alto e discorso semplificato ed approssimativo, ci affidiamo al linguaggio dei mistici. Ma, ahimè, quanto è facile banalizzare il linguaggio mistico (anch’esso non sempre facile)! E’ come vedere una stupenda opera d’arte, e notarne soltanto elementi di carattere emotivo immediato, di nessuno o poco conto.
Noi facciamo quel che possiamo per farci capire, ma senza tradire l’altezza del discorso teologico, anche se è da decriptare in seno alla narrazione dei veggenti.
b) Il commento di Baget Bozzo ad un passo della Volpini
Fermiamo un po’ l’attenzione a quanto esprime Baget Bozzo nell’introduzione al libro della Volpini, già riportata in questo blog, circa la somiglianza dei due volti, quello del Figlio di Dio e quello della Madre che lo riveste di umanità, tenendo in vista, sullo sfondo, l’esperienza estatica e nel medesimo tempo concreta della veggente. Anzi cominciamo col citare la descrizione di quest’ultima, in quanto ci offre l’occasione per cogliere in maniera più accessibile alla mente umana il mistero dell’Uomo-Dio, che si ripercuote, postulandolo, in quello dell’umanità intera nel suo destino di divinizzazione (1) :
"Avvertivo come un insieme convergente di individui creativi che mi costituivano e che avevano finalizzato il loro essere a me, alla mia persona che li trascendeva nel senso e nello stesso tempo dava loro significato e identità. … ricordo la felicità della mia mano sinistra che era la mia felicità, ma anche la sua soltanto, in quanto potevo contemplarla e conoscere il senso che essa provava in sé. Il guizzo delle mie cellule che erano me, ma che allo stesso tempo avevano la loro autonoma individualità. Le sentivo come me diffusamente, ma anche come loro: in questo caso la registrazione del loro movimento autonomo era contemporaneo alla mia complessità unitaria che costituisce il mio corpo, ma distinto. I sensi poi si dilatavano fino a essere contenuti tutti cinque in uno a rotazione. La vista e l'udito sentivano e vedevano il mondo con me e le mie relazioni con il mondo dentro....Essi diventavano altresì gusto, tatto e profumo...Così si comportavano il gusto, l' olfatto, il tatto. Essi trasformavano in immagini e suoni tutto ciò che toccavano, odoravano, gustavano ".

Non ci sono due Volti nel Dio-Uomo
Il teologo Baget Bozzo ha saputo leggere nelle parole di Angela concetti elevatissimi sul senso della resurrezione della carne, che stravolgono, o almeno fanno vedere lo stravolgimento dell’idea che è tutt’oggi predominante quando si parla di immortalità dell’anima. E non solo (lo vedremo). Interessante è il commento alla somiglianza straordinaria che mette in risalto una sorta di osmosi provata da Angela tra la propria percezione corporea e quella del divino di cui è a contatto;  Baget si serve del riferimento al detto evangelico: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. Che altro può significare tale ideale di perfezione, destinata ad essere reale, se non che i due volti, hanno la stessa matrice divina e debbono farla risplendere in terra e in Cielo? La fine è sempre implicita nell’Inizio. Non potrebbe un volto umano essere iscritto nella perfezione divina se non attraverso l’origine.
Origine in cui Maria è Madre. E’ la donna-Maria a conferire fisicità piena, integralmente umana a quel Volto nel disegno originario della creazione.
L’idea della preservazione di Maria dal peccato originale non potrebbe avere miglior commento se non attraverso il linguaggio mistico che descrive a suo modo (non elaborato concettualmente) la necessità dell’integrità umana di Maria per poter concepire il Figlio nella pienezza dell’umanità. Ed a questo dovrebbero "servire" le apparizioni: a riconoscersi in un'umanità chiamata al suo compimento di divinizzazione: ogni enfasi sarebbe inopportuna di fornta a questa finalità iscritta nell'individualità di ogni essere umano; perciò, senza offendere il senso comune della devozione della 'gente', bisogna farsi apostoli di una proclamazione del nostro FINE, a partire da un rigoroso confronto con noi stessi, con ciò a cui aspiriamo, con ciò che ci lascia in preda alla superficialità che mitizza il fenomeno-apparizioni senza riportarlo alla parola di Dio. Non per nulla Cristo è Verbo, Parola vivente di Dio.

Paolo, esegeta sommo della Resurrezione
Se ci fermassimo a questa identità umano-divina nella nascita di Gesù da Maria, cadremmo nell’errore di guardare al privilegio mariano, e non alla normale situazione umana imperfetta (il concetto di peccato sintetizza questa imperfezione). Ecco allora lo sviluppo che possiamo dare, attraverso Baget Bozzo, al tema del “peccato originale”, seguendo la pista paolina. Paolo chiede di essere dissolto e stare con Cristo: come? e perché? Invano si cercherebbe in lui un solo accenno all'immortalità dell'anima; da fedele apostolo, adegua la sua umanità a quella integrale, quale risulta nel Gesù che lascia trafiggere la sua carne, per farla risplendere (ai nostri occhi) nella gloria della Resurrezione. Resurrezione visibile ad ogni amante di Dio nella contemplazione del suo Volto fisico. E questo non può avere i segni della morte; ma nemmeno quelli dell'immortalità, perché la corporeità di Gesù si è pur lasciata percuotere dai segnali della distruzione nell'esalare l'ultimo respiro (la morte è solo un passaggio supremo che possiamo realizzare tutti, giorno dopo giorno, passo dopo passo). Morte e Resurrezione, oseremmo dire, coincidono, perché morte è vita che si fa nuova assieme a tutto il creato; è Vita che esprime la pienezza nella fine.

Un'anticipazione del prossimo post
Angela ha visto "guizzare nelle sue cellule" la vita divina, e la sua felicità ci lascia perplessi sulla nostra capacità sopita di relazionarci e di amare alla luce della sua visione, che è la nostra di credenti nelle Resurrezione, e quindi proiettati come Cristo nel tempo oltre il tempo.
Baget Bozzo va al di là dei commoventi termini usati da Angela, o meglio, mette a fuoco il fatto che lei “vede in Maria il volto umano di questa parità”; riesce così vedere sottesa in quei termini una lettura del dogma di Efeso che va oltre quello di Calcedonia” (2) (concetti, questi, MOLTO DA SVILUPPARE).

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Note

(1) Quel che afferma Angela non ci faccia entusiasmare nel senso negativo della messa in moto dell’emotività. Il mistero profondo che racchiudono i suoi termini va confrontato con gli strumenti della fides mai disgiunta dalla ratio. Buona la definizione del Filosofo quando parla di“Amor Intellectualis”.
(2) Mentre il Concilio di Efeso sottolinea che Maria aveva dato vita ad un uomo, non a Dio, e perciò la chiama Christotokos, "Madre di Cristo", il concilio di Calcedonia proclama la Theotokos, la "Madre di Dio", perché il figlio di Maria non è Fglio suo a metà, cioè in quanto ha l’umanità; Egli non è "da due nature" ma "in due nature". Come si afferma in Col 1:15ss, la caratteristica che porta in sé la cristologia di Paolo è l’inserzione del mistero di Cristo nel contesto del piano di Dio e della storia di tutta l’umanità, infatti “l’attenzione, a partire dal Risorto, risale fino alla preesistenza di Cristo”.


Leggi anche:
Kessler Hans, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico-teologico-fondamentale e sistematico, Queriniana 2010.

G. Frosini, La risurrezione inizio del nuovo mondo, Dehoniane, Bologna 2002.

J. Moltmann, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1972.

G. Russo (a cura di), Gesù Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito Santo, Elle Di Ci, Torino.

J.D.G. Dunn, La teologia dell’apostolo Paolo, Paideia, Brescia 1999.