mercoledì 14 luglio 2010

Il volto di Gesù e il volto di Maria

a) Difficoltà del linguaggio alto
Vorremmo avere la possibilità di esprimere in parole accessibili a tutti il mistero che si fa presente nelle apparizioni, per non smarrire l’afflato mistico che si ripercuote nel cuore di chi parla di Dio, tanto più se gli si manifesta concretamente. Non potendo lasciare la spaccatura solita tra discorso teologico alto e discorso semplificato ed approssimativo, ci affidiamo al linguaggio dei mistici. Ma, ahimè, quanto è facile banalizzare il linguaggio mistico (anch’esso non sempre facile)! E’ come vedere una stupenda opera d’arte, e notarne soltanto elementi di carattere emotivo immediato, di nessuno o poco conto.
Noi facciamo quel che possiamo per farci capire, ma senza tradire l’altezza del discorso teologico, anche se è da decriptare in seno alla narrazione dei veggenti.
b) Il commento di Baget Bozzo ad un passo della Volpini
Fermiamo un po’ l’attenzione a quanto esprime Baget Bozzo nell’introduzione al libro della Volpini, già riportata in questo blog, circa la somiglianza dei due volti, quello del Figlio di Dio e quello della Madre che lo riveste di umanità, tenendo in vista, sullo sfondo, l’esperienza estatica e nel medesimo tempo concreta della veggente. Anzi cominciamo col citare la descrizione di quest’ultima, in quanto ci offre l’occasione per cogliere in maniera più accessibile alla mente umana il mistero dell’Uomo-Dio, che si ripercuote, postulandolo, in quello dell’umanità intera nel suo destino di divinizzazione (1) :
"Avvertivo come un insieme convergente di individui creativi che mi costituivano e che avevano finalizzato il loro essere a me, alla mia persona che li trascendeva nel senso e nello stesso tempo dava loro significato e identità. … ricordo la felicità della mia mano sinistra che era la mia felicità, ma anche la sua soltanto, in quanto potevo contemplarla e conoscere il senso che essa provava in sé. Il guizzo delle mie cellule che erano me, ma che allo stesso tempo avevano la loro autonoma individualità. Le sentivo come me diffusamente, ma anche come loro: in questo caso la registrazione del loro movimento autonomo era contemporaneo alla mia complessità unitaria che costituisce il mio corpo, ma distinto. I sensi poi si dilatavano fino a essere contenuti tutti cinque in uno a rotazione. La vista e l'udito sentivano e vedevano il mondo con me e le mie relazioni con il mondo dentro....Essi diventavano altresì gusto, tatto e profumo...Così si comportavano il gusto, l' olfatto, il tatto. Essi trasformavano in immagini e suoni tutto ciò che toccavano, odoravano, gustavano ".

Non ci sono due Volti nel Dio-Uomo
Il teologo Baget Bozzo ha saputo leggere nelle parole di Angela concetti elevatissimi sul senso della resurrezione della carne, che stravolgono, o almeno fanno vedere lo stravolgimento dell’idea che è tutt’oggi predominante quando si parla di immortalità dell’anima. E non solo (lo vedremo). Interessante è il commento alla somiglianza straordinaria che mette in risalto una sorta di osmosi provata da Angela tra la propria percezione corporea e quella del divino di cui è a contatto;  Baget si serve del riferimento al detto evangelico: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. Che altro può significare tale ideale di perfezione, destinata ad essere reale, se non che i due volti, hanno la stessa matrice divina e debbono farla risplendere in terra e in Cielo? La fine è sempre implicita nell’Inizio. Non potrebbe un volto umano essere iscritto nella perfezione divina se non attraverso l’origine.
Origine in cui Maria è Madre. E’ la donna-Maria a conferire fisicità piena, integralmente umana a quel Volto nel disegno originario della creazione.
L’idea della preservazione di Maria dal peccato originale non potrebbe avere miglior commento se non attraverso il linguaggio mistico che descrive a suo modo (non elaborato concettualmente) la necessità dell’integrità umana di Maria per poter concepire il Figlio nella pienezza dell’umanità. Ed a questo dovrebbero "servire" le apparizioni: a riconoscersi in un'umanità chiamata al suo compimento di divinizzazione: ogni enfasi sarebbe inopportuna di fornta a questa finalità iscritta nell'individualità di ogni essere umano; perciò, senza offendere il senso comune della devozione della 'gente', bisogna farsi apostoli di una proclamazione del nostro FINE, a partire da un rigoroso confronto con noi stessi, con ciò a cui aspiriamo, con ciò che ci lascia in preda alla superficialità che mitizza il fenomeno-apparizioni senza riportarlo alla parola di Dio. Non per nulla Cristo è Verbo, Parola vivente di Dio.

Paolo, esegeta sommo della Resurrezione
Se ci fermassimo a questa identità umano-divina nella nascita di Gesù da Maria, cadremmo nell’errore di guardare al privilegio mariano, e non alla normale situazione umana imperfetta (il concetto di peccato sintetizza questa imperfezione). Ecco allora lo sviluppo che possiamo dare, attraverso Baget Bozzo, al tema del “peccato originale”, seguendo la pista paolina. Paolo chiede di essere dissolto e stare con Cristo: come? e perché? Invano si cercherebbe in lui un solo accenno all'immortalità dell'anima; da fedele apostolo, adegua la sua umanità a quella integrale, quale risulta nel Gesù che lascia trafiggere la sua carne, per farla risplendere (ai nostri occhi) nella gloria della Resurrezione. Resurrezione visibile ad ogni amante di Dio nella contemplazione del suo Volto fisico. E questo non può avere i segni della morte; ma nemmeno quelli dell'immortalità, perché la corporeità di Gesù si è pur lasciata percuotere dai segnali della distruzione nell'esalare l'ultimo respiro (la morte è solo un passaggio supremo che possiamo realizzare tutti, giorno dopo giorno, passo dopo passo). Morte e Resurrezione, oseremmo dire, coincidono, perché morte è vita che si fa nuova assieme a tutto il creato; è Vita che esprime la pienezza nella fine.

Un'anticipazione del prossimo post
Angela ha visto "guizzare nelle sue cellule" la vita divina, e la sua felicità ci lascia perplessi sulla nostra capacità sopita di relazionarci e di amare alla luce della sua visione, che è la nostra di credenti nelle Resurrezione, e quindi proiettati come Cristo nel tempo oltre il tempo.
Baget Bozzo va al di là dei commoventi termini usati da Angela, o meglio, mette a fuoco il fatto che lei “vede in Maria il volto umano di questa parità”; riesce così vedere sottesa in quei termini una lettura del dogma di Efeso che va oltre quello di Calcedonia” (2) (concetti, questi, MOLTO DA SVILUPPARE).

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Note

(1) Quel che afferma Angela non ci faccia entusiasmare nel senso negativo della messa in moto dell’emotività. Il mistero profondo che racchiudono i suoi termini va confrontato con gli strumenti della fides mai disgiunta dalla ratio. Buona la definizione del Filosofo quando parla di“Amor Intellectualis”.
(2) Mentre il Concilio di Efeso sottolinea che Maria aveva dato vita ad un uomo, non a Dio, e perciò la chiama Christotokos, "Madre di Cristo", il concilio di Calcedonia proclama la Theotokos, la "Madre di Dio", perché il figlio di Maria non è Fglio suo a metà, cioè in quanto ha l’umanità; Egli non è "da due nature" ma "in due nature". Come si afferma in Col 1:15ss, la caratteristica che porta in sé la cristologia di Paolo è l’inserzione del mistero di Cristo nel contesto del piano di Dio e della storia di tutta l’umanità, infatti “l’attenzione, a partire dal Risorto, risale fino alla preesistenza di Cristo”.


Leggi anche:
Kessler Hans, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico-teologico-fondamentale e sistematico, Queriniana 2010.

G. Frosini, La risurrezione inizio del nuovo mondo, Dehoniane, Bologna 2002.

J. Moltmann, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1972.

G. Russo (a cura di), Gesù Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito Santo, Elle Di Ci, Torino.

J.D.G. Dunn, La teologia dell’apostolo Paolo, Paideia, Brescia 1999.



sabato 19 giugno 2010

L’invisibile spiegato dallo Spirito

Non è così semplice, tanto meno scontato, che le apparizioni siano un intervento del Cielo sulla terra, quasi a prolungare l’opera di Cristo che si fa presente nella storia, come quando il Dio dell’A. T. mandava i suoi profeti a svegliare le coscienze al senso religioso ed alle responsabilità storiche. Sono notevolmente diversi i contesti di quegli ‘interventi’ divini di un tempo da quelli propri dei nostri tempi. Oggi sono parecchie le chiese che hanno fatto propria la Parola di Dio, ma dimenticano che Dio vuole il suo Popolo unito; ed è sempre più assimilata, nei credenti di varie religioni, la coscienza dell’unitarietà della salvezza umana, senza trovare il modo per realizzarla.
E' triste constatarlo: siamo di così dura cervice da figurarci un Dio ben miope, creatore per amore, ma bisognoso di mandare dal Cielo messaggeri e messaggi, a rassicurarci, servendosi spesso di Maria come 'capace' di far presa attraverso il suo volto dolce materno puro…. Effettivamente Dio non soffre di miopia, ma ne soffiramo noi nell'insistere su ciò che si rende visibile dell'Invisibile.

Ma, detto questo, qual è il messaggio più grande che invochiamo attraverso le apparizioni? Guarigioni, benessere, felicità? Certamente Dio non vuole la nostra sofferenza e sempre si pre-occupa anche dei nostri bisogni terreni.
Recentemente sono stata colpita nel leggere attraverso Giovanni XXIII, il succo del messaggio mariano rivolto ad Angela Volpini. E dire che la chiesa pare non se ne sia accorta ancora in maniera sufficiente.
Tale papa ha parlato per primo in termini inequivocabili di un cristianesimo rappresentativo di tutta l’umanità, e certamente non per via di un apostolato missionario, bensì in quanto teso ad includere tutte le espressioni religiose nell’unica comune umanità: tutta da ri-creare nella profondità delle coscienze umane, senza l’ausilio di tracciati che dividano una parte consacrata alla redenzione, iniziata col Cristo, da un’altra dedita alle cose umane.
Questo messaggio così esplicito mi colpisce davvero. un cristianrsimo, non più per 'addetti ai lavori', ma per ogni essere umano.
La direzione indicata da Papa Giovanni ha avuto un percorso che risale a tempi ben più lontani da quando egli si è così espresso. Ha agito da sempre, in maniera carsica, nella coscienza religiosa universale.

Ma oggi urge chiedersi se anche i messaggi mariani non debbano essere studiati nello spirito della coniugazione tra fede e ragione, onde evitare l'abbagliodel fascinoso, elemento il più sconcertante, per non dire diabolico, capace di convertire l’oro in immondezza… (e qui rifiuto morbidezze di stile). Una fede irrazionale renderebbe assurda la creazione. E deve trattarsi, non di una fede, ma della fede.
Sì, sento il dovere di TRADURRE in riflessioni, domande, ricerca stringente, le difficoltà provenienti da ambiguità e stravolgimenti che accompagnano le sempre più ravvicinate (nel tempo) apparizioni mariane. Desta preoccupazione, ad uno sguardo attento, l’analogia tra le masse affollate, ieri dei giovani entusiasti attorno al papa, ier l’altro ed oggi dei dittatori e degli imbonitori di ogni risma attorno ai fantasmi creati da una cultura senza punti fermi di riferimento. Forse gioverebbe tenersi lontani da ogni tipo di massa per buttare uno sguardo meno imbrigliato nell’atmosfera dell’arcano, per notare come SI ASSOMIGLIANO tutti gli assembramenti di ogni genere e specie. Il Dio che parla al cuore umano, è tutto in cisascuno singolarmente. Sviluppare un detto pappale o un messaggio mariano in questa direzione mi fa ritrovare tutta la voglia di dar peso anche alle.... apparizioni:

Confesso la mia perplessità nel trattare una questione tanto esposta a rischi. L’Apocalisse l’ha presagito, e ci ha ammonito severamente al dovere del dubbio, anche rispetto a certificazioni prodotte dai miracoli o da quant'altro possa sembrare rassicurante.
Non nego che molti   traggano dalle apparizioni occasione per vivere con maggiore slancio la fede. Ma se l’entusiasmo inducesse a viverla (la fede) con effetti simili a quelli dei tifosi di vari schieramenti, sia laici sia religiosi? No, dobbiamo cercare, scavare a fondo in seno ai messaggi, a costo di farci ritenere degli illusi. L'oro colato non si trova mai allo stato puro.

***
L’accostamento all’illuminazione mistica permette, a me come al mitico Zarathustra, di CERCARE DIO pur in mezzo ad una folla che cicalecciava in un simbolico mercato, colpita dall’abbagliante luce di un sole meridiano, e che se la rideva di quel poveraccio affidato unicamente ad un misero lanternino.... per trovare dove si nascondesse il vero Dio. Tanto vale il cercare più che il trovare!

Se ci si aspetta che i fenomeni propri delle apparizioni, rendano in qualche modo tangibile l’intersecarsi della realtà soprannaturale con quella naturale, bisognerebbe cambiare paradigmi. C'è da mettere in primo piano la forza della fede che ci dona la grazia: la quale non può essere supplita dalla nostra pretesa evoluzione civile, morale e spirituale. Lo slancio dei mistici che invocavano:"Voglio veder Dio!" era corroborato dall'uso degli occhi della Fede, PULSANTE di vita di Dio dentro di noi.  Invece è una grossa tentazione volere il Cielo in terra ed esitare a fare della terra il nostro Cielo, come voleva Teresa del Bambin Gesù. Di fatto non abbiamo compreso l’ABC della nostra Grandezza, che nessuna colpa ha potuto estirpare definitivamente dal disegno originario del Creatore, il quale ci ha voluto co-creatori di noi stessi e del mondo, e quindi possessori della verità creduta sperata amata.

Semplifico. L’Invisibile, di cui abbiamo parlato nel precedente post è DI SUA NATURA IN-VISIBILE. Se ci pare che in qualche modo si renda visibile, almeno non facciamo inutili discussioni della somiglianza tra Invisibile e visibile. Pare che abbiamo bisogno del monito del più vecchio tra i filosofi il quale ci ricordi ancora: “altro è ciò che appare, altro ciò che è”. O, detto in altro modo: “ciò che appare è diverso da ciò che è”. Sì Dio, l'Invisibile, è accessibile al visibile attraverso le tre virtù teologali (testé indicate).

Intanto l'Invisibile appare anche materialmente: ed è per questo che proseguiamo nello scomodo compito di interrogarci sulle apparizioni. Peccato che non ci accorgiamo dell'incessante trasparire dell'Invisibile, in ogni attimo e in tutto; peccato che ci dimentichiamo di quali occhi abbiamo bisogno per vedere davvero. Una Madonna celeste che appare, come ogni altra visione e tangibilità del soprannaturale (basti ricordare le stimmate), è momentaneo rapimento che, o si fa mistagogica via alla verità intera, o è, nel migliore dei casi, una semplica carezza d'incoraggiamento: come si fa coi bambini.

Oh sapessimo liberare spazio dentro di noi, nel ‘fondo dell’anima’ (come lo chiamano i mistici), e spalancassimo porte e finestre alla Luce dello Spirito, l’unico Maestro a cui Cristo affidò l’umanità dopo la sua dipartita dal pellegrinaggio terreno! Solo Lui potrà spiegarci tutto ciò che Lui, Gesù, non riusciva a far capire. E se ne rattiristava, come ci ricorda il Vangelo.

venerdì 4 giugno 2010

Il corpo glorioso appare (vedi sviluppi n° 4)

Una premessa teologica
Nel mondo terreno ogni nascita fa presagire la fine, e l’esserne consapevole non estingue un’indeterminata sete di vita contro la limitatezza e la corruttibilità, tradotte, nei miti e nelle religioni, in termini di peccato o di quanto gli somiglia. A partire da questo dato di fatto, l’essere umano fa confluire il senso del suo «esserci» in un Essere Superiore a cui si affida in mille modi per ottenere salvaguardia e garanzie di vita.
* Fermando l’attenzione all’ebraismo prima, al cristianesimo dopo, il legame uomo-Dio (il termine religione ha il significato etimologico di legame) si è espresso in forme diverse, in primis nel senso di appartenenza ad un «popolo» con cui Dio stringe un’alleanza-per-sempre, e che è promessa di salvezza e di riscatto contro un destino di morte. Da qui il significato della frase lucana: «Il Figlio dell'Uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»; e di quella giovannea: «chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita».
* Certamente il passaggio dalla corruttibilità alla pienezza della vita, passa dalla morte; nemmeno Gesù volle sottrarvisi, sicché dopo terribile agonia, «esalò Il suo spirito». Perciò per raggiungere la condizione dell’incorruttibilità anche nel corpo, è necessario entrare nelle stesse dinamiche della via seguita da Cristo: dalla morte ad una Nuova Vita.
* Solo a partire da questo impianto ideologico le apparizioni del Cristo e di Maria assumono il significato di svegliare nei credenti la fedeltà al patto di salvezza, mai dimenticato da Dio, ma spesso caduto in oblio nel suo popolo.
Cristo risorto appare
Credere nella risurrezione di Gesù comporta il farsi tutt’uno con Lui, quindi la divinizzazione dell’umano.
* La corporeità del Risorto che appare, ben lungi dall’essere illusoria, è integrata nella sua Persona, quale parte costitutiva della stessa identità. Se il corpo di Cristo fosse rimasto a marcire, mancherebbe il principale requisito di una vita rimasta-vita anche dopo la morte, perché la parte corruttibile corporea è indisgiunta per sempre nella persona che ha conquistata un’identità attraverso l’osmosi tra umano e divino; nel corpo non c’è un frammento di umano, ma tutto l’uomo nella sua specificità: infatti è la specificità della materia corporea che costruisce la singolarità della persona 1.
* Cristo, incarnandosi, si definisce Uomo oltre che Dio proprio attraverso la corporeità; perciò nelle esperienze mistiche non manca di presentarsi con delle caratteristiche tangibili. Sta alla maturità dei credenti integrare il racconto delle sue apparizioni con la riflessione sulla trasformazione del corpo materiale: se è vero che Lui consuma il cibo con i suoi, è vero anche che entra ed esce a porte chiuse, che si manifesta in sembianze talora irriconoscibili, altro.
* Sarebbe invece riduttivo identificare il suo vero essere glorioso nelle forme esteriori in cui si fa presente. Daremo tanta importanza alla concretezza delle nostre percezioni, fino a ritenere che colore, forma, profumo, siano oggettive2? Eppure ci attardiamo a ragionare sul corpo risorto di Gesù, come se le sue cellule contassero più della persona, la quale ha preso forma attraverso di esse, e ora sono trasfigurate nell’UOMO NUOVO del Risorto 3 .
* Il volto splendido di Maria, il suo sorriso e il suo pianto, il suo abbraccio, la sensibilità amorosa che manifesta, non sono da sacralizzare né da scartare come inutili: vanno considerate quali realtà simboliche, e quindi vie, tracce, indicanti la vera Realtà 4, (sono il dito che addita la luna e non viceversa).
Vieni, Signore Gesù
Con queste parole si chiude l’Apocalisse. Segno evidente che Cristo, raggiunta la pienezza della gloria anche nel corpo umano, vuole ESTENDERLA A NOI; ed è per questo che Lui ha percorso il tragitto umano. Il ritorno di Cristo costituisce il momento della manifestazione piena del compimento dell'opera dello Spirito Santo, già iniziata nel cuore dell'uomo, nel suo corpo e nell'intero universo. Chi sente vibrare in sé la dinamica della fede ha bisogno di lasciarsi condurre dallo Spirito lungo la via di Cristo ai fini di raggiungere la completezza umano-divina. Credere nel Risorto è cosa tanto mirabile da farci amare la vita anche nei travagli della precarietà del tempo presente. In 2 Cor 5:17;Gl 6:15 la risurrezione è chiamata nuova creazione, che renderà l’uomo NUOVO. L’escatologia 5 non è l’evento terribile della fine di tutto, a meno di considerare la fine quale inizio del nuovo: In questo (nuovo inizio) è riposta la nostra speranza, che alimenta la fede e la rende tutt’uno con l’Amore. La risurrezione di Gesù è “la primizia della risurrezione generale" (1 Cor 15:20 e 23).
Le Apparizioni Mariane
Qui debbo usare termini personali per dire tutta la mia perplessità circa una fede che si appiglia ai fenomeni straordinari come se uno squarcio del Divino spezzasse le tenebre della poca conoscenza circa il senso della propria vita e quindi il suo destino. Capisco gli indugi della chiesa nel definire l’attendibilità delle apparizioni, ma capisco di meno il perché certo incoraggiamento a tanti supporti devozionali per rinverdire la fede dei credenti. Pur senza seguire tendenze illuministiche, resta valido caposaldo della sapienza delle cose divine l’inscindibile binomio fede-ragione. E’ più che secolare la diatriba tra il “Credo per capire", e "Capisco per credere”. Non se ne esce fino a che non si abbandona ogni sprezzante rifiuto per la realtà simbolica, nella quale si conciliano i termini della pura intellettualità colta a sviscerare il chi-è-Dio, e della pura adesione immaginativa al Dio-che-si-manifesta. La vera Realtà è inattingibile senza il ricorso al simbolo: del soffio di vita, dell’armonia della bellezza, del palpito dell’Amore ecc.: in sintesi della SORPRESA della compiutezza del creato, che riusciamo ad immaginarci sol perché ne abbiamo un qualche assaggio. Nel simbolo, appunto. * Le apparenze contano se lasciano trasparire l’Invisibile.
Quale approccio laico - (anteprima)
È laico un approccio al fenomeno delle apparizioni, non quando lo si nega o si prescinde dalla fede (scambiata per la dottrina ecclesiastica codificata), né quando si tiene conto di tutte le opinioni; ma quando si ha un atteggiamento di ricerca a prescindere da ‘gusti’ personali. Ogni studioso serio tratta qualsiasi argomento ponendo in ordine le idee maturate attraverso studi precedenti e cerca sempre nel tracciato nuove venature che permettono di indagare il già noto più in profondità. Se noi qui cerchiamo di dimensionare il senso delle apparizioni facendo appello, e molto, alla fede, è per non confondere i piani di ricerca, e non presentare come oggetto di fede ciò che non lo è. Se dopo un doveroso atto di depurazione, troviamo nelle apparizioni elementi che combaciano con quelli della fede, potremo trovare in esse aiuto ad approfondirla, sia a livello popolare, sia a livello di una comprensione più illuminata, vicina a quella propria dei mistici 6.
Note
1. Il corpo è per S. Tommaso “materia signata”, e cioè materia che sarebbe indistinta se non fosse ‘segnata’, e cioè caratterizzata, “hic et nunc: nello spazio e nel tempo.
2. L’immagine corporea, costruita dalla mente attraverso i punti luminosi che raggiungono i centri nervosi dell’occhio, è forse più vera di questi ultimi? La materia che maneggiamo è più reale degli atomi che la compongono? Le stelle che vediamo sono più reali della sostanza di cui sono fatte? Sono discorsi per bambini, questi. E noi adulti possiamo fare anche un semplice ragionamento per avvicinarci alle soglie del mistero contenuto nlla realtà, ricorrendo al rapporto tra il tutto e le parti: è la totalità a servirsi delle parti funzionali al suo essere, non il contrario.
3. Quando i credenti accettano di buon grado che il pane e il vino siano solo sembianze mentre nella realtà sono corpo e sangue di Cristo, dimostrano maggiore maturità dei razionalisti puri, i quali stigmatizzano la presunta idolatria della gente comune, e non sanno invece che anche le persone più semplici sanno distinguere il valore simbolico che nel sensibile palesa l’invisibile.
4. C’è un modo di avvertire la presenza del divino da parte di persone comuni, che sarebbe di gran giovamento ai dotti, se sapessero dare al simbolo la dimensione di ‘custode dell’essere’, così come ne parla Heidegger in riferimento al linguaggio. Nelle parole c’è ben altro che singoli significati; c’è un rimando alla realtà pluridimensionale. Certe invocazioni recitate spesso da i devoti tra sospiri, sono un bussare alle porte del cielo, al di là dell’attesa del prodigio magico; le frasi recitate possono essere insulse, ma hanno in sé il carattere di dialogo fiducioso rivolto a Chi può e sa ascoltare.
5. Per Jurgen Moltmann l’escatologia è chiave o concetto centrale su cui ruota tutto il pensiero cristiano. Sulla scia di Paolo, Wolfhart Pannenberg dilata la cristologia nel contesto del piano di Dio e della storia di tutta l’umanità; infatti l’attenzione al Risorto risale fino alla preesistenza di Cristo (Col 1:15 ss). L'eschaton non è un imbarazzo: La risurrezione non è un oppio dell’aldilà propinato illusoriamente per consolare, ma è la forza della rinascita di questa vita. La speranza non ha per oggetto un altro mondo, ma la redenzione di questo mondo.
6. Vedi: Kessler Hans, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico-teologico-fondamentale e sistematico, Queriniana 2010; G. Frosini, La risurrezione inizio del nuovo mondo, Dehoniane, Bologna 2002; J. Moltmann, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1972; G. RUSSO (a cura di), Gesù Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito Santo, Elle Di Ci, Torino; J.D.G. Dunn, La teologia dell’apostolo Paolo, Paideia, Brescia 1999.

mercoledì 26 maggio 2010

L'invisibile e la fisicità nelle apparizioni (vedi sviluppi n° 3)

Potrebbe essere sconcertante per alcuni il linguaggio dei veggenti quando descrivono in termini 'colorati' le loro apparizioni. In questo blog vogliamo trattare l'argomento passo dopo passo senza pretesa di essere esaustivi (quasi a voler appagare SUBITO tutti i gusti e ogni desiderio di capire). Volta per volta ci fermeremo su un lato della questione, nel confronto con le indicazioni teologiche, in paticolare con quelle di carattere mistico.
Dalle domande che leggiamo nei commenti emerge la voglia di capire: ciò che appare è reale? Maria si fa vedere e toccare nel suo corpo concreto, tangibile?
Per rispondere al di fuori delle immediatezze, teniamo fermo il riferimento alla grande rivelazione biblica, e, in questo caso, al Primo ed unico - finora - tra i risorti, Gesù. Di Maria viene detto che è stata assunta in cielo (bisogna cogliere la differenza tra i due aspetti).
Per puntualizzare l’ambito mistico delle apparizioni al di là di ciò che si percepisce, non si può prescindere da quanto emerge dal Vangelo quando Gesù promette la discesa dello Spirito, il quale “avrebbe spiegato Lui tutto”; Lui e solo Lui rende la presenza del Risorto VERA, dal momento che noi siamo ancora nel pellegrinaggio terreno.

* Dio si rivela realmente. Non svela dei segreti, ma se stesso, la sua vita. L’identità umana, raggiunta attraverso un lungo cammino di consapevolezza è inferiore, anzi in un certo senso esteriore, rispetto a quella acquisita attraverso l’identificazione del Dio-in-noi, frutto della passività più attiva, in quanto disponibilità a lasciar potenziare la propria singolarità, immettendola nel circuito dell'Amore divino. E’ la fede, e solo la fede, che permette di rompere le barriere tra il corporeo-materiale e il corporeo-personale compenetrato di Dio.

* La Fede è luce. Come la luce non è elemento in più aggiunto a ciò che illumina sensibilmente, così la fede è sostanza del vedere-in-altro modo. Tale sostanza è lo Spirito Santo.

* Egli, è il caso di ripeterlo, non si sovrappone alla soggettività autocosciente ed autonoma della persona. Solo che questa rimane allo stato potenziale circa la possibilità di vedere l'Invisibile (in se stessa e in tutto) senza l’illuminazione trascendente. Le scienze umane sono di aiuto a misurarsi con i limiti umani per superarli, ma la liberazione totale dalle pastoie dei condizionamenti interni ed esterni richiede un continuo cammino di FEDE.

* La FEDE! è adesione a Dio e al proprio se-stesso-totale.

* Tutti i mistici hanno proclamato la divinizzazione dell’umano: ma l'hanno affermato nella dimensione della Fede che accende sensi nuovi per riconoscere Dio come altro dal soggetto personale umano, e nello stesso tempo per introdurloal dialogo con Lui.

* Il Risorto che appare si fa TU, rispetto ad un IO che si adegua al suo livello di conoscenza permeata di amore, fino a dire come Angela da Foligno: «TU ES EGO; EGO SUM TU» (Tu sei io, io sono Tu). Qui è l’essenza della mistica.
La lettura che vi offriamo di Baget Bozzo circa la fisicità percepita da Angela Volpini in Maria, merita un'attenzione suscettibile di sviluppi in più direzioni. Cercheremo di abbozzarne alcuni (Continua)

lunedì 17 maggio 2010

L'invisibile (vedi sviluppi n° 2)

Non è facile concepire mentalmente, tanto meno tradurre in parole, che cosa sia la luce emanata dal divino poiché, diversamente dalla luce concretamente visibile che percorre le vie della percezione sensibile per raggiungere le facoltà conoscitive, essa è accessibile soltanto all’interiorità. E questo non significa che il soprannaturale sovrasti il naturale secondo un modo di intendere semplicistico il quale marca la differenza tra due realtà diverse, la terrena e la celeste. Si dovrebbe parlare, più che di due realtà, di due piani di realtà: il livello comune di cui consiste il visibile non viene soppresso, ma può rendersi trasparente, tanto da evidenziare l’ invisibile, tutt’altro che etereo, PIÙ REALE DI OGNI APPARENZA, presente nelle profondità di tutto il creato e nell’abisso del cuore umano.
La dimensione della mistica è nell’intersecarsi del desiderio profondo che energetizza di vita la creazione, e che si fa, nell’essere umano, desiderio di Unità, di Infinito, di Totalità. Tale aspirazione convoglia le potenzialità umane verso l’Unità totale, che ha in sé la ragion d’essere e la partecipa alle sue creature. Da qui l’ineliminabile concetto di singolarità della persona, che non sarebbe mai tale senza il rapporto con altre singolarità plurali, tutte ugualmente convergenti verso l’Unità di Dio, non statica né astrattamente Universale, bensì in-rapporto, quindi anch’essa personale. E’ come se il «se stesso personale umano», nell’affermare la sua singolarità al di là della caducità propria della creaturalità, fosse investito del compito di dare significato a questo rapporto e, come afferma un filone della mistica, allo stesso Dio. Si sa, Dio è al di là dei suoi nomi, ma l’amore è il simbolo più adeguato per definire l’Essere di Dio: fino a poter affermare che Dio è Amore (come non ricordare la “Deus caritas”?). Il binomio Creatore-creatura è palestra di amore in cui i due SI CON-FRONTANO E PERCIÒ POSSONO AMARSI: finitamente come può la creatura, infinitamente come può Dio, sicché l’amore della creatura si infinitizza e l’amore di Dio si finitizza.

La scorciatoia delle apparizioni crea sconcerto in chi per sete di verità non si limita al contentino di alcuni fenomeni straordinari circoscritti nel tempo e in luoghi (resi) sacri. Soprattutto è motivo di disorientamento la semplificazione con cui si fa presto a ritenere reale ciò che si fa visibile e tangibile. Si richiede una disanima un tantino più approfondita per distinguere la vera illuminazione dall’epifenomeno delle apparizioni; nelle quali sono, o almeno possono esserci, elementi propri della mistica, a patto che si espunga l’alone del fascinoso. Per fare una tale cernita ci va il lungo tirocinio di un’incessante attenzione a cogliere lo straordinario nell’ordinario, a non scambiare la luce soprannaturale con quella che si può imprimere nei centri nervosi o nei riflettori; ci va soprattutto un atteggiamento discepolare, rivolto a Colui che abita il ‘fondo’ della propria anima, se sgomberato dai falsi idoli delle mediazioni (tra cui possono annoverarsi le stesse apparizioni!), le quali possono essere utili momentaneamente, ma diventano ingombranti se impediscono la visione intimamente diretta dell’Invisibile. Perché LA VERITÀ E’ DENTRO DI NOI.

Nei salmi si parla della luce del divino, la quale sfida la tenebra e la fa brillare: “Nella tua luce vedremo la luce” (Sal 36, 10). “Nemmeno la tenebra è oscura per te; / e la notte qual giorno risplende” (Sal 139, 12). * Giovanni della Croce parla di una luce la quale infiamma d’amore e determina un desiderio che invoca il ritorno della visione soprannaturale, senza paura di morirne fisicamente: “Il mio cuore si infiammò; i miei reni si cambiarono, io fui annichilito e non seppi” (Cant. 72, 21-22); “Scopri la tua presenza, / mi uccida la tua vista e tua bellezza, sai che la sofferenza / di amore non si cura / se non con la presenza e la figura” (Ivi, strofa 11). * Interessante l’osservazione, tutta femminile, di E. S. Jonson: il mistico rapporto “ha una profonda affinità con l’esperienza delle donne”, le quali sono disponibili a vedere “Dio e il mondo esistere in una relazione di amicizia, dove ciascuno dimora nell’altro”. La stessa Autrice si richiama al dinamismo di tale esperienza attraverso le parole di un’altra donna, Ntozake Shange che si inventa un linguaggio su Dio al femminile: “HO TROVATO DIO IN ME STESSA, E L’HO AMATA, L’HO AMATA ARDENTEMENTE” [Elisabeth S. Jonnson, Colei che è – il mistero di Dio nel discorso teologico femminista, Queriniana, Brescia 1999] * Simone Weil rimarca la distanza tra visibile ed invisibile per sollecitare uno sguardo attento, nella consapevolezza che Dio è proprio nella distanza, in quanto non schiaccia la realtà concreta con la sua incombenza, ma la lascia nella sua diversità per permetterle autonomia: “La necessità è proprio la distanza dal divino … lo schermo posto tra Dio e noi perché possiamo essere”. “Dio non può essere presente nella creazione che sotto forma di assenza” [Simone Weil, Quaderni, Adelphi, 1982]

* Karl Rahner spiega: “rivelazione non significa che il mistero sia superato dalla gnosi concessa da Dio, e neppure dalla visione diretta di Dio; al contrario, è la storia dell’approfondirsi della percezione di Dio «come» mistero” [Karl Rahner, A proposito del nascondimento di Dio, in Nuovi Saggi, Paoline, Roma 1978)]. * Anche la nostra Angela Volpini afferma di aver percepito nelle sue estasi la contemporaneità tra passato, presente e futuro, tanto da vedere, non due realtà, ma una sola “come un essere umano può conoscerla e può gustarla, con i suoi sensi, con la sua ragione, con il suo desiderio”; il che mostra a chiare lettere quanto le apparizioni siano occasione per riconoscere il lampeggiare di una percezione profonda della realtà, al di là delle certezze provenienti dalla percezione sensibile; realtà dove l’eterno è nel tempo, l’Invisibile è nel visibile, e viceversa.

Ausilia

martedì 4 maggio 2010

Un approccio laico (Vedi sviluppi n° 1°)

vIn via generale il fenomeno "apparizioni" crea un clima ammaliante, connesso a fattori che esaltano la fantasia, appassionano il cuore, compenetrano di stupore sacro la mente, coinvolgono tutte le facoltà umane.
Non si sarà mai avvertiti abbastanza di fronte all’equivocità del possibile uso improprio che si può farne. Ci riferiamo alla voglia di dirimerlo o di indirizzarlo verso una pietà devozionalistica o di rivestirlo di parecchie altre caratteristiche arbitrarie. E’ suffragabile l’idea espressa da esperti della materia di non poter collaudare la sua veridicità nemmeno alla luce dei frutti di bene, i quali costituiscono l’altra faccia della verità; e c’è da sostenere con forza che non se ne possano dedurre tesi inesplorate riguardanti il senso dell’esistenza.

Che il fenomeno avvenga è indiscutibile, ma bisogna riflettere sul significato che esso può assumere, soprattutto oggi, nella cosiddetta società-dello-spettacolo dove apparenza e realtà travasano l’una nell’altra, lasciando il predominio al fascino del comparire. Il balenio dello straordinario è il più improprio a far emergere potenzialità intrinseche all’umano, benché inesplorate. Il mondo oggi ha bisogno di una verità non travestita di certezze e non relativizzata da inebrianti fedi; non delegata a nessuno e a niente che contrasti con la ragione e con la sapienza.

Il peso dei residui sacrali del passato che magnificano il sacro, determinando la tendenza opposta che lo degrada fino ad espellerlo dall’ambito di una ponderata visione della vita, non deve ostacolare l’attenzione sulla sua importanza. Anche le apparizioni, se con-frontate con l’esperienza mistica e fatte fluire nell’alveo delle illuminazioni di tutti i tempi, possono essere di sprone a gettare una luce diversa, di carattere spirituale, sulla Cultura, e a trovare occasioni inedite per la costruzione di una società laica (nel senso che in seguito sarà delucidato), alla ricerca di «integrità».

Evitati i pregiudizi, restano interrogativi di fondo. C’è da chiedersi

a) come mai tutt’oggi il tanto squalificato sacro, faccia breccia, attraverso la magia delle apparizioni, nell’orizzonte del pensiero e delle coscienze: oltre che tra le masse, in singole «insospettabili» persone, sia poco o non-credenti, sia dotate di lungimiranza o di prestigio sociale o di discreta preparazione culturale;

b) se esista una teologia delle apparizioni non specificamente delegata ad un tipo di discernimento dettato da criteri di fedeltà ai dettami della chiesa cattolica;

c) in qual modo si possa produrre, da manifestazioni extra-naturali irrompenti nella natura, qualcosa in più della suggestione, delle analisi scientifiche, dei suggerimenti di carattere religioso e di fede: qualcosa che apra a nuove prospettive nel campo del pensiero e dei costumi, così come è ravvisabile nelle pietre miliari lasciate nella storia dagli «illuminati». Infatti, come è stato rilevato da teologi delle apparizioni, è dal lato profetico e testimoniale che bisogna valutare i fatti eccezionali accertati e i soggetti in cui si sono manifestati;

d) quali tracce del divino possano intravedersi in questi fenomeni (penso che ciascuno di essi sia caratterizzato da una specificità), perché diano avvio a nuovi varchi (non a scorciatoie), attraverso i quali sfuggire al temuto destino di morte, conseguente alla visione di una realtà peritura che non lascia tralucere il mistero.

Nel blog questi pensieri, da sviluppare gradualmente, sono lanciati a chiunque voglia favorirne il perfezionamento con apporti dettati dal desiderio di

a) uscire dall’acquiescenza ai luoghi comuni;

b) aggiungere approfondimenti;

c) comunicare esperienze vissute:

d) realizzare scambi amichevoli nell’accomunarsi alla ricerca.



N. B. Terrò sempre di vista il caso specifico riguardante Angela Volpini, data la possibilità di contatto che ho con la stessa: allo scopo di offrire un paradigma in cui la ricerca possa intrecciarsi a quanto emerge da una vicenda personale.



Domande ai possibili frequentatori di questo blog:

1) cosa condividi di questo progetto?

2) in che senso ti ha interessato finora, o non, il fenomeno-apparizioni?

3) quali domande vorresti porre a tua volta sull’argomento?