Dio Padre – Dio Madre

[E’ interessante fermare l’attenzione alla femminilità che incarna Maria con un suo specifico ruolo (nella Comunità umana). Su questo dovremo riflettere. Per ora però vale la pena leggere il seguente testo, a titolo di informazione]




Se la tra le pagine della Bibbia riusciamo a scorgere di Dio anche il volto femminile e materno, è però senza dubbio il volto maschile di Dio a risaltare nettamente ai nostri occhi, del Dio di Israele, l’unico Dio, re, signore, maestro, giudice, padre, il quale, inoltre, a differenza di molte divinità sue contemporanee dell’antico Medio Oriente, non ha alcuna divinità femminile al suo fianco.

A questa descrizione ebraica di Dio, monistica e maschile, si oppone quella specificamente gnostica (ricollegabile alla descrizione cristiana di Dio in termini trinitari) che presenta Dio come una dualità comprendente sia elementi maschili che femminili. Tenendo in mente il termine ebraico per spirito, ruah, che è femminile, e sostituendolo all’equivalente termine neutro greco della terza della Trinità, pneuma, che ne suggeriva la asessualità, alcuni autori gnostici concludevano che la «Persona» femminile unita al Padre e al Figlio doveva essere la Madre. Questa madre divina è definita in vari modi negli scritti gnostici, ma sono tre, comunque, le definizioni principali. Pur premettendo che Dio è essenzialmente indescrivibile, il maestro e poeta gnostico Valentino suggerisce che si possa immaginare il divino come una dualità, consistente, in una parte, dell’Ineffabile, della Profondità, del Primo Padre e, nell’altra, di Grazia, Silenzio (il cui termine greco corrispondente, Sighé, è di genere femminile) del Grembo e della «Madre del Tutto». (Termini, questi ultimi, che non possono non richiamare alla mente l’ebraico rachem, utero, grembo, il cui plurale, rachamim, viscere, è usato, in alcuni passi della Bibbia ebraica, come ad es. nel Salmo 103, 13, per esprimere la tenerezza materna dell’amore di Dio, la sua misericordia).

I seguaci di Valentino la pregavano per ottenerne protezione come Madre e «mistico, eterno silenzio».

Un altro maestro gnostico, profeta e visionario, Marco il mago, il quale racconta come le sue visioni dell’essere divino gli siano apparse in forma femminile, la invoca, ad esempio, come «Grazia (in greco, il termine femminile charis), Colei che è prima di ogni cosa». Celebrando segretamente la messa, egli insegna che il vino simboleggia il suo sangue. All’offerta del calice prega che «Grazia possa scorrere» in tutti quelli che ne bevono.

Uno scritto gnostico, la Grande Rivelazione, spiega che il potere divino che ìrisiede in ogni cosa’, ‘l’unica radice del Tutto’, consiste in una dualità, formata dall’unione di mente (in greco nous, maschile) e intelligenza (in greco epìnoia, femminile).

Tra i diversi maestri c’era tuttavia disaccordo. Alcuni sostenevano che il divino dovesse essere considerato maschile-femminile: «il grande potere maschio-femmina». Altri asserivano che i termini dovessero essere intesi solo metaforicamente, poiché in realtà il divino non è né maschile né femminile. Altri ancora affermavano che esso si poteva descrivere sia in termini maschili che femminili, a seconda dell’aspetto che si voleva sottolineare. Tutti quanti comunque concordavano nell’idea che il divino dovesse venire inteso nei termini di una relazione armoniosa e dinamica di opposti.

Una seconda definizione della Madre divina la descrive come Spirito Santo. L’Apocrifo di Giovanni racconta che l’apostolo Giovanni, dopo la crocifissione di Gesù, ebbe una visione mistica della Trinità: “… Quegli mi disse, ‘Giovanni, perché dubiti, e perché hai paura? ... Io sono colui che sempre [è con voi]. Io [sono il Padre]; io sono la Madre; io sono il Figlio’. Prosegue poi descrivendo la Madre divina: “[Ella è] … l’immagine dell’invisibile, virginale, perfetto spirito… Divenne la Madre di ogni cosa, poiché esisteva prima di tutti, il madre-padre [matropater]…”.

Nel Vangelo secondo gli Ebrei Gesù parla di «mia Madre, lo Spirito». Nel Vangelo di Tommaso contrappone i suoi genitori terreni, Maria e Giuseppe, al suo Padre divino – il padre di Verità – e alla sua divina Madre, lo Spirito Santo, dicendo: “Chi non odia, come me, suo padre e sua madre non potrà essere mio discepolo; e chi non ama, come me, suo Padre e sua Madre non potrà essere mio discepolo. Infatti mia madre […] ma una vera [Madre] mi ha dato alla vita”. Così, secondo il Vangelo di Filippo, chi diviene cristiano acquista un padre e una madre, poiché ‘molti sono i suoi figli’ (dello Spirito, ruah).

Se in alcuni testi gnostici lo Spirito costituisce l’elemento materno della Trinità, nel Vangelo di Filippo lo Spirito è Madre e Vergine, controparte – e consorte – del Padre Celeste: “se è possibile riferire un mistero: il Padre del Tutto si è unito alla Vergine che è discesa”, cioè allo Spirito Santo che è disceso nel mondo. Il testo prosegue spiegando che come “Adamo è stato fatto da due vergini: lo spirito e la terra vergine”, così “per questo motivo, Cristo è stato generato da una vergine” (cioè dallo Spirito). Ma l’autore critica i cristiani che credono nel concepimento verginale di Maria, madre di Gesù, come se avesse concepito separata da Giuseppe: “Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna?”. La concezione verginale si riferisce invece, sostiene, alla misteriosa unione delle due potenze divine, il Padre del Tutto e lo Spirito Santo.

Oltre all’eterno e mistico Silenzio e allo Spirito Santo, certi gnostici propongono una terza definizione della Madre divina: Sapienza, in greco sophia, di genere femminile, che traduce il termine ebraico chokhmah, anch’esso femminile. Riflettendo sul significato di certi passaggi biblici, ad esempio del versetto dei Proverbi che dice: «Il Signore ha creato il mondo con la Sapienza», alcuni maestri gnostici si domandavano se non potesse essere Sapienza il potere femminile in cui era stata concepita la creazione di Dio. Sapienza, inoltre, ha diverse connotazioni nelle fonti gnostiche. Oltre a essere il ‘primo creatore universale’ che genera tutte le creature (compreso il demiurgo, il Dio-creatore di Israele) essa è effluvio divino che pervade ogni cosa, scintilla divina che illumina gli essere umani e li rende saggi, li guida alla coscienza di sé e alla conoscenza (gnosi).

Riferendosi al primo racconto della creazione di Genesi 1, 26-27, («E Dio disse: “Facciamo l’uomo [adam] a nostra immagine, a nostra somiglianza” … a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò», alcuni gnostici insegnavano che questo racconto alludesse ad una creazione androgina, dalla quale deducevano che Dio fosse duale (‘Facciamo l’uomo’), ma anche che l’umanità, che fu formata a immagine e somiglianza di Dio (Padre e Madre) fosse maschile-femminile. Lo gnostico Teodoto spiega che “a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”, significa che “gli elementi maschio e femmina insieme costituiscono la migliore produzione della Madre, Sapienza” (Clemente Alessandrino, Exc. Ex Theod., 21,1). Richiamandosi invece al secondo racconto della creazione (con riferimento al racconto della ‘nascita’ di Eva dal fianco di Adamo) un testo, dopo aver descritto la Fonte divina come ‘Potere bisessuale’, prosegue: “Ciò che ha avuto origine da quel Potere – cioè l’umanità, che è uno – si scopre che è due: un essere maschile-femminile che porta in sé il femminile” (Ippolito, Refut., 6,18). Le fonti gnostiche che descrivono Dio come dualità, la cui natura include elementi maschili e femminili, danno dunque spesso una descrizione analoga della natura umana.

Ma tutti i testi gnostici vennero bollati come eretici da coloro che si autodefinivano cristiani ortodossi, e furono esclusi dalla raccolta canonica del Nuovo Testamento. Perché gli scritti gnostici furono soppressi? E perché certe idee furono giudicate eretiche e altre ortodosse? Certamente per motivi religiosi e filosofici, ma, considerando lo sviluppo del cristianesimo come religione istituzionale, non bisogna trascurare la dimensione politica della controversia: ancora una volta, sembra che le conseguenze pratiche, sociali, che i cristiani gnostici derivavano dalla loro concezione di Dio – e dell’umanità – in termini che includevano l’elemento femminile, abbiano giocato un ruolo determinante.

Secondo quanto riferito con preoccupazione e imbarazzo dal vescovo di Lione, Ireneo, nella sua opera Adversus Haereses (Contro le Eresie) ad essere attratte dai gruppi gnostici erano soprattutto le donne. “Persino nel nostro distretto della valle del Rodano”, egli ammette, il maestro gnostico Marco ha attratto “molte donne sprovvedute” che avrebbe ingannato, soggiogato e corrotto servendosi di speciali afrodisiaci. Egli, scrive Ireneo indignato, “si rivolge loro con parole così seducenti”, come le sue preghiere a Grazia, e a Sapienza e Silenzio, l’elemento femminile dell’essere divino. Inoltre, seduce le donne “dicendo loro di profetare”, il che era rigorosamente proibito dalla chiesa ortodossa, e “la vittima ingannata… pronuncia impudentemente qualche assurdità” e “si considera da quel momento un profeta!”. Ma, quel che è peggio, Marco invita le donne a celebrare l’eucarestia insieme a lui: egli “porge il calice a donne” per offrire la preghiera eucaristica e pronunciare le parole di consacrazione.

Una testimonianza simile riceviamo anche da Tertulliano che scrive: “Queste donne eretiche – come sono audaci! Non hanno modestia; sono così sfrontate da insegnare, impegnarsi nella disputa, decretare esorcismi, assumersi oneri, e, forse anche battezzare!”. (Tertulliano, De Praescr. Haeret., 41)

Immaginandosi una creazione umana egualitaria o androgina, i cristiani gnostici erano portati a modellare le strutture politiche e sociali delle loro comunità sul principio dell’uguaglianza tra uomo e donna. Ciò spiega la loro tendenza ad affidare anche ruoli di leader alle donne, le quali potevano quindi profetare, svolgere il ruolo di maestre, di predicatrici viaggianti del vangelo, di guaritrici, preti, e vescovi. La posizione di queste donne, che sfidavano i capi della comunità ortodossa, i quali vedevano in Pietro il loro rappresentante, è, in vari testi gnostici, rispecchiata nella figura di Maria Maddalena, dipinta come la più intima compagna di Gesù, simbolo della divina Sapienza, come colei che è stata fatta degna di ricevere insegnamenti segreti da Gesù, e per questo, invidiata dagli altri discepoli, e in continuo contrasto con Pietro.

Non tutti i movimenti gnostici furono, tuttavia, interessati da tale correlazione tra teoria religiosa e pratica sociale: vi erano gruppi che, pur avendo un’immagine tradizionale di Dio, comprendevano al loro interno donne con ruoli di leader.

In realtà, alle origini, come si può vedere, ad esempio, dall’ultimo capitolo della lettera ai Romani di Paolo, e dal versetto 7 in particolare, il movimento cristiano si dimostrò alquanto aperto nei confronti delle donne, come, del resto, lo stesso Gesù lo era stato per primo; ma se i cristiani riconoscevano le donne uguali agli uomini «in Cristo», la maggior parte non considerava la loro eguaglianza in termini sociali e politici, come si può chiaramente desumere da alcune lettere paoline o presunte tali.

Mentre nei primi tempi i cristiani, uomini e donne, partecipavano insieme al culto, verso la metà del II secolo – proprio all’epoca della lotta contro i cristiani gnostici – le comunità ortodosse iniziarono a segregare le donne dagli uomini per arrivare, alla fine del secolo, a condannare esplicitamente la partecipazione attiva delle donne al culto e ad accusare di eresia i gruppi che continuavano a lasciare posizioni leader alle donne. A partire dal III secolo, infatti, le testimonianze di donne con ruoli profetici, sacerdotali ed episcopali nelle chiese ortodosse cessano.

E’ esemplificativo al riguardo ciò che l’autore dell’ Ordine della Chiesa Apostolica, un testo che circolava nelle comunità ortodosse prima della fine del II secolo, fa dire all’apostolo Giovanni, alla presenza di Marta e Maria: “Quando il Maestro benedì il pane e il calice e li segnò con le parole “Questo è il mio corpo e sangue”, non l’offrì alle donne che sono con noi”. (Ippolito, Tradizione Apostolica, 18,3). Queste non riescono a far valere le loro ragioni e gli altri discepoli si dichiarano così d’accordo con Giovanni, decidendo di non permettere ad alcuna donna di divenire prete.

Qualche studioso ha ipotizzato che all’origine di questa svolta vi sia stata l’influenza, sulla chiesa, delle tradizioni ebraiche, in seguito all’ingresso nel movimento cristiano di numerosi ebrei ellenizzati. Qualcun altro ne ha attribuito la causa all’ascesa del cristianesimo nella scala sociale dalle classi inferiori alle classi medie, le quali si opponevano al movimento per l’uguaglianza portato avanti dai ricchi. Sta di fatto che la comunità ortodossa, facendo propria la concezione tradizionale ebraica di Dio, descrivendolo quindi in termini esclusivamente maschili, e richiamandosi a Genesi c.2, per sostenere che Eva fu creata da Adamo, e per Adamo, verso il II secolo giunse ad accettare il dominio dell’uomo sulla donna come un ordine stabilito da Dio, non solo per la vita sociale e familiare, ma anche per le chiese cristiane che, da allora in poi, decisero di adottare i “precetti della disciplina ecclesiastica riguardo alle donne” specificati da Tertulliano: “non è permesso che una donna parli in chiesa, né è permesso che insegni, né che battezzi, né che offra [l’eucarestia], né che pretenda per sé una parte in qualunque funzione – per non parlare di qualunque ufficio sacerdotale”. (Tertulliano, De Virginibus Velandis, 9)

Ma vi era fra gli ortodossi anche chi la pensava in modo diverso, chi, sorprendentemente, mostrava di apprezzare le donne, esortandole a partecipare attivamente con gli uomini alla comunità: è il caso di Clemente di Alessandria, annoverato fra i padri della chiesa, le cui opere dimostrano come il modello gnostico avrebbe potuto essere serenamente accolto dalla chiesa ortodossa. Egli, che scriveva in Egitto intorno al 180, definisce Dio in termini sia maschili che femminili: “La Parola è tutto per il fanciullo, padre e madre, maestro e nutrice … Il cibo è il latte del Padre … e la Parola sola provvede noi fanciulli del latte dell’amore, e solo coloro che succhiano a questo seno sono veramente felici. Per questa ragione, cercare si dice mastéusai [ stessa radice di mastòs, seno]; ai fanciulli che cercano la Parola, il seno amorevole del Padre provvede il latte”. (Clemente Alessandrino, Pedagogo, 1,6).

Inoltre, descrivendo la natura umana, Clemente sostiene che: “gli uomini e le donne partecipano a parti eguali della perfezione, e riceveranno la stessa istruzione e la stessa disciplina. Infatti il nome ‘umanità’ è comune a uomini e donne; per noi «in Cristo non c’è maschio né femmina»”. (Pedagogo 1,4)

Il suo modo di vedere, molto probabilmente ispirato dall’ambiente cosmopolita, liberale e colto di Alessandria d’Egitto, lo portò a manifestare apertamente (v. l’opera Stròmata) la sua ammirazione per i successi e il coraggio delle donne, fra le quali le figure leggendarie di Giuditta, l’assassina che sterminò il nemico di Israele, e della regina Ester, che salvò il suo popolo dal genocidio, la figura mitologica di Alceste, l’eroina greca che sacrificò la sua vita per salvare quella del marito, oltre a tante scrittrici, filosofe, poetesse e pittrici. Ma il suo rimase un caso isolato. Le sue idee non riuscirono purtroppo a far presa sulla maggioranza delle comunità cristiane, dove si consolidò così la posizione di Tertulliano, destinata a dominarvi per i secoli a venire.

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