L’immagine corporea di Maria

C’è una spaccatura, nella storia della Chiesa tra gli iconoclasti e i cultori delle immagini, in primis quella di Maria. Gli studi teologici (in particolare quelli di Luigi Gambero) hanno delineato il criterio da usare nel valutare l’insistenza con cui nelle apparizioni e nel culto si dà credito all’immagine corporea di Maria.

Fondamentale resta ancor oggi il contributo del teologo siriano Giovanni Damasceno († 749 ca.), il quale basa la sua difesa delle icone sulla loro capacità di dare l’idea dell’Incarnazione, in modo che non sia considerata unicamente oggetto di fede, bensì come fatto storico, fisico. «Io mi rappresento Dio, l’Invisibile, non come invisibile ma in quanto è divenuto visibile a noi mediante la partecipazione alla carne e al sangue». Su tale pista si può dare senso alla femminilità manifestata nelle apparizioni mariane come testimonianza e garanzia dell’incarnazione.

Altri Autori hanno sottolineato il contenuto e il valore gnoseologico delle icone (quando non sono stucchevole riproduzione di atteggiamenti devozionalistici): la loro pregnanza evidenzia la verità dell’essere della persona rappresentata, non come ‘trapassata’, ma come risorta.






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