venerdì 4 giugno 2010

Il corpo glorioso appare (vedi sviluppi n° 4)

Una premessa teologica
Nel mondo terreno ogni nascita fa presagire la fine, e l’esserne consapevole non estingue un’indeterminata sete di vita contro la limitatezza e la corruttibilità, tradotte, nei miti e nelle religioni, in termini di peccato o di quanto gli somiglia. A partire da questo dato di fatto, l’essere umano fa confluire il senso del suo «esserci» in un Essere Superiore a cui si affida in mille modi per ottenere salvaguardia e garanzie di vita.
* Fermando l’attenzione all’ebraismo prima, al cristianesimo dopo, il legame uomo-Dio (il termine religione ha il significato etimologico di legame) si è espresso in forme diverse, in primis nel senso di appartenenza ad un «popolo» con cui Dio stringe un’alleanza-per-sempre, e che è promessa di salvezza e di riscatto contro un destino di morte. Da qui il significato della frase lucana: «Il Figlio dell'Uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»; e di quella giovannea: «chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita».
* Certamente il passaggio dalla corruttibilità alla pienezza della vita, passa dalla morte; nemmeno Gesù volle sottrarvisi, sicché dopo terribile agonia, «esalò Il suo spirito». Perciò per raggiungere la condizione dell’incorruttibilità anche nel corpo, è necessario entrare nelle stesse dinamiche della via seguita da Cristo: dalla morte ad una Nuova Vita.
* Solo a partire da questo impianto ideologico le apparizioni del Cristo e di Maria assumono il significato di svegliare nei credenti la fedeltà al patto di salvezza, mai dimenticato da Dio, ma spesso caduto in oblio nel suo popolo.
Cristo risorto appare
Credere nella risurrezione di Gesù comporta il farsi tutt’uno con Lui, quindi la divinizzazione dell’umano.
* La corporeità del Risorto che appare, ben lungi dall’essere illusoria, è integrata nella sua Persona, quale parte costitutiva della stessa identità. Se il corpo di Cristo fosse rimasto a marcire, mancherebbe il principale requisito di una vita rimasta-vita anche dopo la morte, perché la parte corruttibile corporea è indisgiunta per sempre nella persona che ha conquistata un’identità attraverso l’osmosi tra umano e divino; nel corpo non c’è un frammento di umano, ma tutto l’uomo nella sua specificità: infatti è la specificità della materia corporea che costruisce la singolarità della persona 1.
* Cristo, incarnandosi, si definisce Uomo oltre che Dio proprio attraverso la corporeità; perciò nelle esperienze mistiche non manca di presentarsi con delle caratteristiche tangibili. Sta alla maturità dei credenti integrare il racconto delle sue apparizioni con la riflessione sulla trasformazione del corpo materiale: se è vero che Lui consuma il cibo con i suoi, è vero anche che entra ed esce a porte chiuse, che si manifesta in sembianze talora irriconoscibili, altro.
* Sarebbe invece riduttivo identificare il suo vero essere glorioso nelle forme esteriori in cui si fa presente. Daremo tanta importanza alla concretezza delle nostre percezioni, fino a ritenere che colore, forma, profumo, siano oggettive2? Eppure ci attardiamo a ragionare sul corpo risorto di Gesù, come se le sue cellule contassero più della persona, la quale ha preso forma attraverso di esse, e ora sono trasfigurate nell’UOMO NUOVO del Risorto 3 .
* Il volto splendido di Maria, il suo sorriso e il suo pianto, il suo abbraccio, la sensibilità amorosa che manifesta, non sono da sacralizzare né da scartare come inutili: vanno considerate quali realtà simboliche, e quindi vie, tracce, indicanti la vera Realtà 4, (sono il dito che addita la luna e non viceversa).
Vieni, Signore Gesù
Con queste parole si chiude l’Apocalisse. Segno evidente che Cristo, raggiunta la pienezza della gloria anche nel corpo umano, vuole ESTENDERLA A NOI; ed è per questo che Lui ha percorso il tragitto umano. Il ritorno di Cristo costituisce il momento della manifestazione piena del compimento dell'opera dello Spirito Santo, già iniziata nel cuore dell'uomo, nel suo corpo e nell'intero universo. Chi sente vibrare in sé la dinamica della fede ha bisogno di lasciarsi condurre dallo Spirito lungo la via di Cristo ai fini di raggiungere la completezza umano-divina. Credere nel Risorto è cosa tanto mirabile da farci amare la vita anche nei travagli della precarietà del tempo presente. In 2 Cor 5:17;Gl 6:15 la risurrezione è chiamata nuova creazione, che renderà l’uomo NUOVO. L’escatologia 5 non è l’evento terribile della fine di tutto, a meno di considerare la fine quale inizio del nuovo: In questo (nuovo inizio) è riposta la nostra speranza, che alimenta la fede e la rende tutt’uno con l’Amore. La risurrezione di Gesù è “la primizia della risurrezione generale" (1 Cor 15:20 e 23).
Le Apparizioni Mariane
Qui debbo usare termini personali per dire tutta la mia perplessità circa una fede che si appiglia ai fenomeni straordinari come se uno squarcio del Divino spezzasse le tenebre della poca conoscenza circa il senso della propria vita e quindi il suo destino. Capisco gli indugi della chiesa nel definire l’attendibilità delle apparizioni, ma capisco di meno il perché certo incoraggiamento a tanti supporti devozionali per rinverdire la fede dei credenti. Pur senza seguire tendenze illuministiche, resta valido caposaldo della sapienza delle cose divine l’inscindibile binomio fede-ragione. E’ più che secolare la diatriba tra il “Credo per capire", e "Capisco per credere”. Non se ne esce fino a che non si abbandona ogni sprezzante rifiuto per la realtà simbolica, nella quale si conciliano i termini della pura intellettualità colta a sviscerare il chi-è-Dio, e della pura adesione immaginativa al Dio-che-si-manifesta. La vera Realtà è inattingibile senza il ricorso al simbolo: del soffio di vita, dell’armonia della bellezza, del palpito dell’Amore ecc.: in sintesi della SORPRESA della compiutezza del creato, che riusciamo ad immaginarci sol perché ne abbiamo un qualche assaggio. Nel simbolo, appunto. * Le apparenze contano se lasciano trasparire l’Invisibile.
Quale approccio laico - (anteprima)
È laico un approccio al fenomeno delle apparizioni, non quando lo si nega o si prescinde dalla fede (scambiata per la dottrina ecclesiastica codificata), né quando si tiene conto di tutte le opinioni; ma quando si ha un atteggiamento di ricerca a prescindere da ‘gusti’ personali. Ogni studioso serio tratta qualsiasi argomento ponendo in ordine le idee maturate attraverso studi precedenti e cerca sempre nel tracciato nuove venature che permettono di indagare il già noto più in profondità. Se noi qui cerchiamo di dimensionare il senso delle apparizioni facendo appello, e molto, alla fede, è per non confondere i piani di ricerca, e non presentare come oggetto di fede ciò che non lo è. Se dopo un doveroso atto di depurazione, troviamo nelle apparizioni elementi che combaciano con quelli della fede, potremo trovare in esse aiuto ad approfondirla, sia a livello popolare, sia a livello di una comprensione più illuminata, vicina a quella propria dei mistici 6.
Note
1. Il corpo è per S. Tommaso “materia signata”, e cioè materia che sarebbe indistinta se non fosse ‘segnata’, e cioè caratterizzata, “hic et nunc: nello spazio e nel tempo.
2. L’immagine corporea, costruita dalla mente attraverso i punti luminosi che raggiungono i centri nervosi dell’occhio, è forse più vera di questi ultimi? La materia che maneggiamo è più reale degli atomi che la compongono? Le stelle che vediamo sono più reali della sostanza di cui sono fatte? Sono discorsi per bambini, questi. E noi adulti possiamo fare anche un semplice ragionamento per avvicinarci alle soglie del mistero contenuto nlla realtà, ricorrendo al rapporto tra il tutto e le parti: è la totalità a servirsi delle parti funzionali al suo essere, non il contrario.
3. Quando i credenti accettano di buon grado che il pane e il vino siano solo sembianze mentre nella realtà sono corpo e sangue di Cristo, dimostrano maggiore maturità dei razionalisti puri, i quali stigmatizzano la presunta idolatria della gente comune, e non sanno invece che anche le persone più semplici sanno distinguere il valore simbolico che nel sensibile palesa l’invisibile.
4. C’è un modo di avvertire la presenza del divino da parte di persone comuni, che sarebbe di gran giovamento ai dotti, se sapessero dare al simbolo la dimensione di ‘custode dell’essere’, così come ne parla Heidegger in riferimento al linguaggio. Nelle parole c’è ben altro che singoli significati; c’è un rimando alla realtà pluridimensionale. Certe invocazioni recitate spesso da i devoti tra sospiri, sono un bussare alle porte del cielo, al di là dell’attesa del prodigio magico; le frasi recitate possono essere insulse, ma hanno in sé il carattere di dialogo fiducioso rivolto a Chi può e sa ascoltare.
5. Per Jurgen Moltmann l’escatologia è chiave o concetto centrale su cui ruota tutto il pensiero cristiano. Sulla scia di Paolo, Wolfhart Pannenberg dilata la cristologia nel contesto del piano di Dio e della storia di tutta l’umanità; infatti l’attenzione al Risorto risale fino alla preesistenza di Cristo (Col 1:15 ss). L'eschaton non è un imbarazzo: La risurrezione non è un oppio dell’aldilà propinato illusoriamente per consolare, ma è la forza della rinascita di questa vita. La speranza non ha per oggetto un altro mondo, ma la redenzione di questo mondo.
6. Vedi: Kessler Hans, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico-teologico-fondamentale e sistematico, Queriniana 2010; G. Frosini, La risurrezione inizio del nuovo mondo, Dehoniane, Bologna 2002; J. Moltmann, Teologia della speranza, Queriniana, Brescia 1972; G. RUSSO (a cura di), Gesù Cristo morto e risorto per noi consegna lo Spirito Santo, Elle Di Ci, Torino; J.D.G. Dunn, La teologia dell’apostolo Paolo, Paideia, Brescia 1999.